“Il conflitto Russia – Ucraina: il dirompente impatto sulle rotte energetiche”

Martedì 26 Aprile 2022

Relatore: Giangiacomo Caldara, Direttore Generale SIAD S.p.A. e Past Presidente Rotary Club Bergamo e Antonio Michelon, Direttore di AFRY Management Consulting e Office Head Italy
Modera: Emilio Crotti

20-20-20…ci ricorda qualcosa? Gli Stati dell’Unione Europea, entro il 2020, avrebbero dovuto ridurre le emissioni di gas serra del 20%, aumentando del 20% la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili e portando al 20% il risparmio energetico, al fine di contrastare
il cambiamento climatico. Un tema importante che aveva visto impegnati in prima fila soprattutto i più giovani, capitanati dalla svedese Greta Thunberg, accolto con favore dalla maggior parte dei governi, con l’introduzione di leggi ad hoc, l’incentivazione dei privati e delle aziende e la defiscalizzazione. Il periodo del Covid, inoltre, dove la natura sembrava essersi riappropriata dei suoi spazi, con una sequenza di immagini sui social di paperelle in tour per le vie di
molte città italiane, non aveva fatto altro che accentuare in modo quasi romantico la transizione ecologica delle nostre città. Poi è arrivata la guerra. E non una guerra qualunque, ma una guerra che vede contrapposte due tra le più importanti nazioni produttrici di gas naturale del pianeta: la Russia e l’Ucraina. Una guerra, inoltre, che ha visto un netto sbilanciamento di tutto il fronte Occidentale a favore di uno dei due stati (l’Ucraina), con un conseguente inasprimento nei confronti dell’altro (la Russia). Non irrilevante particolare, la Russia, ad oggi, risulta essere il più importante fornitore di gas naturale per tutta l’Europa, Italia compresa, ovviamente. Quindi, le dichiarazioni apparse sui giornali in questi giorni, che saremo in grado nell’arco di 18 mesi di essere totalmente
indipendenti dai gas russi, è vera o no? E dove è finita la vena green che sembrava aver coinvolto tutti? Proviamo a dare dei numeri: l’Italia consuma annualmente 75 miliardi di metri cubi di fonti energetiche, 30 li importa dalla Russia, 15 dall’Algeria, in misura minore dall’Azerbaijan, dalla Libia, dalla Norvegia. Quello che viene definito GNL (il gas liquefatto), arriva principalmente dal Qatar, mentre solo il 4% di quanto ci necessita viene autoprodotto. Anche cercando di aumentare l’importazione da parte di altri Stati come l’Algeria e la Libia (non proprio i paesi più adamantini in circolazione – ndr) o incrementando l’arrivo di navi speciali destinate al trasporto del gas “liquido”, non saremo in grado, nel breve, di sostituire il gas russo, tantomeno di tendere a un’auto sufficienza energetica dovendo scontare anni di politica castrante e senza alcuna lungimiranza che, in termini temporali, ha visto prima affossare il nucleare (incrementato, invece, dai cugini d’Oltralpe) a seguito della tragedia di Chernobyl e, successivamente, vietare l’estrazione di gas dal Mar Adriatico, a tutto favore
dei dirimpettai croati. Cambiare sistema di approvvigionamento energetico non è poi così immediato: significa creare le infrastrutture necessarie che, oltre ad essere onerose, devono scontare un problema non indifferente nel nostro paese, che è quello dell’ottenimento delle autorizzazioni. Oltre alle ben note lungaggini burocratiche e alle iperboli normative, a dare un ulteriore freno alla modernizzazione del sistema di approvvigionamento energetico nazionale, vi è anche l’ostracismo con il quale i paesi affossano il passaggio di tubazioni o la realizzazione di strutture necessarie alla trasformazione delle energie. Il cosiddetto “effetto Nimby” (Not In My Back Yard) ha colpito indistintamente piattaforme petrolifere, rigassificatori, pale eoliche, campi fotovoltaici, spesso con motivi assolutamente pretestuosi. La politica del consenso, dettata da un’inesistente visione programmatica, non solo non è in grado di opporsi al fenomeno ma, anzi, lo asseconda, in virtù della tutela del proprio territorio. Di fatto ci si riempie la bocca di ecologia ma nessun sindaco vuole un digestore che ricicla la frazione umida, all’interno dei propri confini. Forse dovremo ribaltare il problema. Non tanto domandarci se saremo in grado di sostituire l’approvvigionamento del gas russo, quanto quando impareremo a fare una seria politica che ci consenta di essere più indipendenti e meno ricattabili, avendo il coraggio di prendere decisioni, anche impopolari, ma sicuramente lungimiranti e di visione.

Simona L.

BOLLETTINO N°23- Volume 36

Responsabile:
PE Simona Leggeri
Redazione:
AM. Bruno Cividini, M. Cominelli, S.Giordani, M. Ghitti, A. Catò (social media manager)

Incontro n°26
Martedì 26 aprile 2022
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TEMA ROTARY 2021-2022
“Serve to change lives”

Presidente Internazionale:
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