L’inguaribile voglia di vivere – come vivere la disabilità

Martedì 22 novembre 2022

Carmen Pupo, giornalista e Jean Marc Melgari, neurologo – intervistati da Marco Guido Salvi

La conviviale di stasera è stata emozionante.

L’argomento non era dei più leggeri e ha forse scoraggiato molti di noi ad intervenire, ma è stato gestito con grazia, dignità e ironia: alla fine, eravamo dispiaciuti di doverci salutare.

Tutto è cominciato leggendo una lettera di un malato, che descriveva molto bene i passaggi emotivi: dalla diagnosi della malattia di Parkinson, all’incredulità, alla rabbia, alle difficoltà con i familiari, sino all’accettazione di un destino ineffabile.

Da qui si è partiti con Marco, che ha svolto la doppia funzione di testimone e di moderatore tra i nostri ospiti: il neurologo Jean-Marc Melgari e la giornalista Carmen Pupo.

Dal punto di vista medico sono emerse tante sfaccettature: la difficoltà nel trovare nuove cure, ma l’essere riusciti ad utilizzare quelle esistenti in modo più efficace; il complicato rapporto con il malato e i care givers, che necessita di un’attenzione sensibile nella comunicazione; la prospettiva di un futuro nel quale non c’è speranza di guarigione, perché la malattia peggiorerà rendendo sempre meno autonomi i soggetti colpiti. Al centro di tutto questo c’è il malato, persona sana che, improvvisamente, si trova ad avere un handicap, perde il proprio ruolo, la propria identità; inoltre, c’è la difficoltà enorme di chi gli è vicino, che spesso non riesce a capire e a adeguarsi a una nuova vita, con ricadute psicologiche facilmente prevedibili.

Realtà diversa è quella di Carmen, nata prematuramente con un handicap motorio, doloroso e difficile. Una giovane donna autoironica, che ha saputo puntare sulla sua intelligenza per cercare di accettarsi e di fare comprendere agli altri le sue difficoltà. Una frase che mi ha colpito in modo folgorante è: ‘Sono handicappata, ma sto cercando di smettere!’ Sembra una battuta, ma nasconde la volontà di sentirsi capiti, non compatiti ed è emblematica dello sforzo e della dignità di una persona che vive costantemente in compagnia del dolore, ma che vorrebbe non pesare sugli altri. In questo la nostra società non aiuta: treni, autobus, mezzi pubblici in genere, non sono stati pensati per persone con difficoltà motorie e gli adeguamenti sono molto lenti. Lo stesso si può dire dell’organizzazione delle università e di molti uffici.

Potrei scrivere pagine sulle riflessioni che ieri sera mi sono passate per la mente, ma non è certo il caso. Molti di noi hanno avuto esperienze dirette con il dolore della malattia e hanno coscienza del terremoto emotivo che questo comporta. Una società più preparata ad accettare chi è diverso è l’esigenza che tutti sentiamo, ma abbiamo tanta strada da fare. Un percorso che dobbiamo fare insieme, sani e malati, perché può succedere a tutti di trovarsi in situazioni difficili e scontrarsi con la mancanza di sensibilità, l’ignoranza e l’incomprensione di chi, erroneamente, si sente invincibile perché ‘normale’.

Grazie a Marco e Carmen per la loro testimonianza, il loro coraggio e la loro dignità e grazie anche a Giorgio, che ci ha confidato di essere afflitto da un problema neurologico, che non ha nessun effetto apparente. Sono tutti un esempio di resilienza cui dobbiamo guardare con ammirazione, ricordando sempre che, dietro i problemi, ci sono le solite persone che da sempre conosciamo e che sono essenzialmente affette da un’inguaribile voglia di vivere.

Annamaria BC

BOLLETTINO N°10 – Volume 37

Responsabile:
PE Annamaria Bruno Cividini

Redazione:

M. Cominelli,

S.Frare, M. Ghitti,

M. Passalia

Incontro n°9
Martedì 22 Novembre 2022
Hotel Excelsior San Marco (BG)

ROTARY 2022-2023
“Imagine Rotary”

Presidente Internazionale:
JENNIFER JONES

Governatore Distretto 2042:
Davide Gallasso

Presidente Club:
Simona Leggeri

Vi racconto una storia

Questa sera vorrei raccontarvi una storia, una storia che corrisponde ad un tratto di vita di un amico che si chiama Antonio.

Antonio a scuola ha sempre avuto ottimi risultati, si è laureato al Politecnico di Milano ed è quindi entrato in azienda. Successivamente ha frequentato alla SDA Bocconi un master sul Marketing dei Beni Industriali. All’età di 28 anni è stato nominato Dirigente

La vita di Antonio sarebbe stata una storia molto simile a quella di tanti manager di discreto successo, ma all’età di 48 anni, per un fastidioso problema di irrigidimento della gamba sinistra, su consiglio del suo medico si sottopose ad una visita neurologica.

Il neurologo, con grande semplicità, ma con indubbia competenza, analizzando i sintomi e facendogli fare alcuni movimenti sentenziò “fenomeno extrapiramidale, si tratta di morbo di Parkinson”.

Il primo pensiero fu “cosa capirà questo, … fa una diagnosi del genere senza un esame in mano”, “… ma perché proprio a me? Ma poi io non tremo!!”

Antonio, a parte questi pensieri, non ebbe reazioni. Non aveva capito bene. Conosceva questa malattia come una patologia seria, ma non aveva mai approfondito. Sono quelle situazioni che si sa che esistono, ma si pensa possano succedere solo agli altri.

Quando comprese quello che gli era successo, si arrabbiò molto, senti crescere dentro di se l’ansia per il futuro, anche quando i sintomi non erano ancora significativi avvertì un senso di “fragilità” e di impotenza.

Seguirono esami clinici approfonditi poi la conferma: Parkinson.

Antonio pensò “Ma siamo sicuri??, in fondo sto bene faccio solo un po’ di fatica a muovermi, sono legato ma è certamente la macchina, l’ufficio, la vita sedentari” poi “ma perché proprio a me?” Non lo spaventava la situazione attuale ma lo terrorizza pensare al futuro.

Antonio scoprì che esisteva un’associazione, prese contatto e iniziò a partecipare ad alcuni incontri.

Quando andava in associazione (specialmente le prime volte) si spaventava nel vedere persone in condizioni precarie. E pensava “ma è così che finirò tra qualche anno?”.   Questo è quello che mi aspetta?”.

Alcuni non avevano accetto la malattia ed erano carichi di rabbia.

La Domanda ricorrente era “ma perché proprio a me?”.  Non lo spaventava la situazione attuale ma lo terrorizza pensare al futuro.

Antonio si sentiva fortunato, i suoi familiari gli erano molto vicini lo capivano e lo sostenevano ma sapeva che non era così per tutti.

Antonio capì che quando il Parkinson colpisce non interessa il solo il paziente, ma coinvolge l’intera famiglia… I rapporti cambiano, in certi momenti molti pazienti sentono crescere una certa insofferenza nei loro confronti,  a volte i famigliari sembrano non credere che alcune difficoltà dipendono proprio dalla malattia e non dalla  volontà dell’individuo. (“Ma stai un po’ dritto!” “ma sei veramente lento” “sei lento” o “fai più alla svelta” “certo che se ti impegnassi un po’ di più…”).

Spesso i malati di Parkinson si sentono soli, a disagio nel contatto con le altre persone. Quando camminano per strada sentono lo sguardo degli altri, che non sanno e quindi non possono capire certe loro difficoltà. Si sentono invece etichettati da quelli che conoscono il loro problema e pare di sentire i commenti “ha il Parkinson, poveretto, …. Era una persona così brava, un gran lavoratore”.

Antonio ha continuato a fare il manager non senza qualche difficoltà ed è stato comunque fortunato perché per molti non è così, alcuni smettono perché non riescono più a lavorare mentre altri con scuse varie vengono allontanati dal posto di lavoro.

I giorni passano e la malattia in modo subdolo, lento ma inesorabile si fa sentire sempre più.

Antonio non vuole chiedere aiuto ma gli è difficile fare molte cose come alzarsi dal letto al mattino e mettersi in moto, salire e scendere dalla macchina. Oggi gli risulta difficile anche camminare mantenendo l’equilibrio, cade a terra molto spesso di media 4 – 5 cadute al giorno con il pericolo di andare a urtare da qualche parte e farsi i veramente male. Anche i movimenti fini sono diventati molto difficili per Antonio fa fatica a radersi, vestirsi, allacciarsi le scarpe, abbottonarsi la camicia, fare il nodo della cravatta, chiudere il cinturino dell’orologio…

Attraverso la malattia Antonio però scopre l’impegno per gli altri, i valori dell’associazionismo, i principi del volontariato e… si impegna.

La malattia gli ha quindi aperto un mondo sconosciuto, gli ha dato la forza di occuparsi non solo di sé stesso ma anche  degli altri.

Piano piano  arriva alla consapevolezza della malattia, arriva all’accettazione che non equivale a rassegnazione. Scopre il coraggio di chi tutti i giorni affrontata la malattia con dignità e senza vergogna. Scopre che “Il Parkinson non ferma la vita”.

È strano a dirsi, forse difficile anche da capire, ma il Parkinson ha dato un senso nuovo alla sua vita.  Il Parkinson lo ha reso un uomo migliore. Occuparsi degli altri gli dà il coraggio per accettare e affrontare la malattia.

Antonio ha scoperto che essere insieme serve per avere più forza nell’affrontare il delicato cammino che la malattia impone, sia ai pazienti che ai famigliari, avendo la certezza che il sostegno reciproco può renderlo meno difficoltoso.

Nela sua vita non mancano, comunque, momenti bui di ripensamento o di smarrimento e la domanda ricorrente resta sempre… “cosa sarà di me domani?”.

Del futuro lo spaventa la possibilità di perdere completamente l’autonomia, di dover usare una carrozzina, di non poter più aiutare, anzi essere di peso.

Pur nella consapevolezza che la malattia non è una colpa e nonostante l’impegno per gli altri ancora oggi Antonio fa fatica.

Accettare la malattia ed imparare a conviverci non è semplice, accettare la malattia e conviverci è un grande sforzo che richiede impegno continuo, giorno dopo giorno, dopo giorno, dopo giorno.

Antonio per il futuro spera finalmente si arrivi a una possibilità di cura anche per la malattia di Parkinson, vorrebbe anche continuare a essere utile agli altri cercando ad essere sereno e felice.

Questa è la storia di Antonio però la sua vicenda continua tutti i giorni con impegno costanza e forza di volontà.

Grazie